mercoledì 8 agosto 2012

Red Apple (parte I)



« Come vede, Signor Governatore, sono pronti. Mille esemplari, in tutto e per tutto identici al soggetto originale preso come modello »
« Ottimo, bene, bravi. Che ne avete fatto della dottoressa Stevenson? »
« Eliminata, Signore, così come la sua famiglia e gli amici più stretti »
« Ottimo, bene, bravi. Il procedimento educativo com’è andato? »
« Tutto nella norma, Signor Governatore, non abbiamo mai avuto un ordine così ingente da un cliente. Un ordine... molto originale. Da parte nostra è stato stimolante e proficuo attuarlo »
« Mi illustri la situazione »
« I primi duecento cloni, i due gruppi laggiù sulla sinistra con le uniformi bianche, sono stati educati come psicologhe ed esperte della comunicazione, loro avranno l’incarico di curare le sue prossime campagne elettorali, gli spot neurali e le pubbliche relazioni »
« Ottimo, bene, bravi »
« Dal terzo all’ottavo gruppo, in blu, abbiamo i suoi avvocati, penalisti, giudici, un intero apparato giudiziario pronto ad essere distribuito sulla faccia del pianeta. Nell’ordine, i gruppi in questione parlano spagnolo, portoghese, cinese, arabo, inglese e francese »
« Vive la France »
« Le uniformi nere, nono e decimo gruppo, sono esperte di armi da fuoco, armi bianche, esplosivi e arti marziali. Saranno le sue guardie del corpo o, all’evenienza, killer professionisti »
« Sono tutte molto serie, sembrano delle militari così disposte in gruppi quadrati »
« Sono in attesa di ordini, Signore, sono state addestrate per obbedire a lei solo, come antichi samurai pronti a donare la vita al proprio imperatore »
« Imperatore... Fa rima con Governatore, non è vero? »
« Sì Signore, arguta osservazione »
« E quell’ultimo gruppo laggiù, quello rosso? Non mi pare di aver ordinato altro »
« Quello è un omaggio della ditta, Signor Governatore. Sarà il suo harem personale»
« Siete degli idioti! Che me ne faccio di un gruppo di donne tutte uguali? »
« Signore, abbiamo colto l’occasione per sperimentare mutazioni genetiche indotte che permettono di intervenire sulla coltivazione del corpo durante i primi due anni di vita relativa »
« Interessante, continui »
« Nei pochi giorni a nostra disposizione è possibile modellare la forma del corpo a piacimento, abbiamo quindi voluto migliorare la forma del soggetto originale di partenza, secondo i diversi canoni estetici definiti dal Sistema Internazionale, senza nulla togliere alla bellezza della dottoressa Stevenson che, devo ammettere... »
« Seni e sederi più grandi, lo noto solo ora, è vero, non sono uguali alle altre, là dietro nelle ultime file ne vedo anche alcune bionde, geniale! »
« Ognuna di esse è stata inoltre educata fin dalla nascita ad eseguire con maestria ogni pratica sessuale conosciuta. Fa parte di uno dei progetti per il prossimo anno, il “Red Apple 2069”. Vogliamo invadere il mercato con… »
« Non mi interessa il vostro business, cos’altro sanno fare le rosse? »
« Ogni esemplare è stato programmato per memorizzare un settore completo dello scibile umano su cui può compiere riflessioni, deduzioni e ipotesi. Questo particolare indottrinamento ha permesso di ottenere caratteri comportamentali diversi, dipendentemente dalla materia di studio. Scoprirà lei stesso come l’educazione di stampo umanistico abbia influito in modo più marcato sulla socialità e apertura mentale dei soggetti rispetto a quello scientifico. A partire da sinistra abbiamo storia, filosofia, letteratura, teatro, cinema, musica,  ... »
« Sbalorditivo! Con ognuna di loro potrei parlare per ore di ogni argomento conosciuto! »
« Esatto, Signore »
« E se poi mi stanco? Voglio dire, mia moglie parla per ore, ne ho già abbastanza »
« Qui pensiamo a tutto, Signore, all’occorrenza è possibile impostare la modalità silenziosa »
« Cosa sarebbe? »
« E' possibile impartire un comando tramite una parola d’ordine che agisce direttamente nel loro subconscio, inibendo il desiderio di parlare »
« Ottimo, bene, bravi. Questo esercito di cloni mi permetterà di conquistare il mondo intero! »
« Sì, Signor Governatore »
« Il pagamento dei sette milioni di crediti avverrà nel giro di pochi secondi »
« Grazie, Signor Governatore »
« Nel frattempo mandi nel mio alloggio un clone del gruppo rosso »
« Qualche indicazione? »
« Quella con le tette più grandi »
« Sì, Signor Governatore, altro? »
« Qual è la parola d’ordine? »



domenica 5 agosto 2012

Caldo Dentro

La mattina, mentre vado a lavoro in autobus, leggo.
E’ un viaggio di venticinque minuti che negli anni ho imparato ad apprezzare molto, fino a poter affermare che la mia serenità dipende da questo breve tragitto.
Ho trovato posto a sedere e sto concludendo “Festa Mobile”. In questa serie di racconti Ernest Hemingway descrive una Parigi affascinante, che ha veramente vissuto negli anni venti, in prima persona, conoscendo artisti che oggi sono noti in tutto il mondo, come James Joyce, Pablo Picasso, Scott Fitzgerald.
Alzo gli occhi, vedo le due torri in avvicinamento davanti all’autobus e penso che Bologna sia come una piccola Parigi, con i suoi piccoli artisti desiderosi di emergere e nello stesso tempo di affogare nell’alcol. Proprio come la “generazione perduta” del libro. Non ne conosco molti, di artisti, e quei pochi che conosco sono poco inclini ad ascoltare gli altri, poco sinceri nel raccontare se stessi, sanno lamentarsi, non sanno bere, criticano molto, esprimono poco.
I racconti più interessanti del libro parlano di Scott Fitzgerald. Anche in uno degli ultimi film di Woody Allen, il personaggio di Fitzgerald è tra le figure più interessanti. Il grande Fitzgerald. Il grande Francis Scott Fitzgerald che ha scritto “Il Grande Gatsby”. Mai letto niente di lui. Comunque il nome mi è noto, c’è una vecchia canzone di Bob Dylan, una delle mie preferite, che nomina i suoi libri come opere per intellettuali o presunti tali. Mi dico che, come presunto intellettuale, dovrei leggerne qualcuno anch’io.
Smetto di divagare e ritorno con la testa sul libro, per finire l’ultima pagina.
E’ estate, fuori c’è un’afa insopportabile mentre dentro c’è un freddo innaturale che mi pare duri da un’eternità. I condizionatori sui mezzi pubblici funzionano a pieno regime o non funzionano per niente.  
Alzo gli occhi, c’è una ragazza seduta davanti a me, osserva la copertina del libro su cui è stampato il faccione di Ernest con la barba bianca. La ragazza sposta lo sguardo sulla mia, di barba, sorride divertita. Anche a me farebbe ridere un barbuto che legge un barbuto. Ricambio il sorriso, chiudo il libro, guardo fuori dal finestrino dell’autobus, mancano un paio di fermate.
“E’ bello?” i suoi occhi sono scuri, gli occhi che vorrei avvesse un giorno mia figlia.
“E’ sincero” rispondo ripetendo ciò che Hemingway ha scritto di se stesso, per darmi un tono.
“E tu lo sei?” mi chiede.
“Sempre” mento, sorridendo.
Se potessi avere il dono dell’ubiquità probabilmente mi prenderei a sberle. Lei ricambia il sorriso, non le sembro così patetico come invece risulto a me stesso. Cominciamo a parlare del libro, di Parigi, di Fitzgerald, Woody Allen e Bob Dylan, per un tempo che è troppo breve, siamo già alla mia fermata e io non ho detto abbastanza cose inutili, abbastanza per poterle chiedere di rivederci. La saluto, mi alzo, ci scambiamo uno sguardo dicendoci senza parole “purtroppo è andata così”, leggo sincero dispiacere sul suo viso. Mentre mi avvicino all’uscita mi chiedo se ci rivedremo ancora, a Bologna prima o poi rincotri tutti, a differenza di Parigi. Le porte centrali dell’autobus si aprono, esito, una vecchietta alle mie spalle mi rimprovera, allora scendo sul marciapiede e faccio passare l’anziana signora. Risalgo subito, un attimo prima che le porte si richiudano. Raggiungo occhi scuri e mi siedo, lei sorride stupita, raggiante, non mi chiede perchè non sono sceso, lo sa già. L’autobus riparte, le cicale continuano il loro concerto confuso, io le racconto altre cose inutili, un numero di cose inutili sufficiente per chiederle di rivederci l’indomani.

Continuo a prendere l’autobus.
Continuo a leggere.
Continuo a portare la barba.
E’ nuovamente estate, fuori c’è un’afa insopportabile, il condizionatore dell’autobus è fuori uso ma a me non dispiace, va bene così, con il caldo dentro.